Come sapete (e se non lo sapeste e voleste approfondire ne parliamo qui), è stata finalmente decisa la (quasi) depenalizzazione dei reati alimentari, con la promulgazione del D.Lgs. 150/2022 che modifica la celeberrima Legge 283/62.

Già si leggono le prime reazioni, ad esempio questa, della rivista “Il Salvagente”, che intervista il dott. Gian Carlo Caselli, magistrato emerito e fratello di fede granata.

Siamo pienamente d’accordo col dott. Caselli sulle cose di calcio, e (purtroppo di rado) esultiamo assieme (forza Benfica!) ma non lo siamo quasi per nulla su altre faccende, come appunto quella della depenalizzazione di cui qui si discute (e anche su altre, ma qui non si parla di TAV).

Con l’uso di facili slogan allarmistici (aiutooooh, il nostro buon olio italiano che fine farà, signora mia?) e titoli ad effetto (“colpo di spugna“) si prepara il riflesso pavloviano dello (speriamo) immaginario consumatore italiota, uso a non pensar urlando. A noi piace che si parli chiaro e si portino argomenti corretti, non che si manipoli il pensiero delle persone, perciò dedichiamo un po’ del nostro tempo a portare la chiarezza dove altri portano nebbia e confusione, per loro fini. Vediamo quindi cosa si dice nell’articolo del “Salvagente”, e critichiamolo a dovere.

Già si parte male e un magistrato, seppur emerito, non dovrebbe sostenere certe cose, affermando che “le nuove norme depotenziano misure e multe per combattere frodi e contraffazioni“. Come certo il dott. Caselli sa meglio di noi, frodi (art. 515 Codice Penale) e contraffazioni di alimenti (art. 440 Codice Penale) sono delitti e non contravvenzioni. I delitti sono reati di maggior gravità, sanzionati più pesantemente, mentre le contravvenzioni sono reati minori. Ma soprattutto le modifiche apportate alla Legge 283/62 dal D.Lgs. 150/2022 depenalizzano (o quasi) soltanto le contravvenzioni, e non i delitti.

Primo errore da matita rossa.

Ma il meglio deve ancora venire, poco oltre si sostiene che:
La vendita di un olio extravergine privo delle caratteristiche organolettiche necessarie e quindi di qualità inferiore, configura una sanzione. Ma con la nuova norma sarà possibile estinguere la contravvenzione con una prescrizione volta a ricondizionare il prodotto, magari aggiungendo un pizzico di olio buono“.

E qui si lavora di fantasia, oltre che di narrazione fuorviante basata su un uso sapiente del lessico. Ma noi non ci facciamo incantare. Tecnologicamente, infatti, non basta “un pizzico” di olio buono a far diventare buono un olio che non lo è. Ma, soprattutto, non crediamo proprio che gli organi di controllo (che, seppur da noi spesso criticati per altri aspetti, il loro mestiere lo sanno fare molto bene) emetteranno prescrizioni centrate su “l’aggiunta di un pizzico di olio buono”. Crediamo anzi che le prescrizioni venture saranno molto più energiche e pesanti, visto che gli operatori del settore alimentare non potranno cercare di scansarle, pena, scusate il gioco di parole, il ritorno al penale.

Ma non finisce qui. Poco oltre nell’articolo:
Tenere l’olio in ambiente non protetto dall’esposizione dalla luce è un metodo di conservazione inadeguato a garantire igiene e commestibilità dello stesso. Se si prescrive di allestire una nuova vetrina, più idonea alla conservazione dell’extravergine, si cancella la contravvenzione, ma quell’olio resta deteriorato. In sostanza, se c’è un forte rischio che un prodotto sia deteriorato, non basta un “pannicello” prescritto ex post a renderlo non più pericoloso per la salute“.

Triplo salto carpiato con piroetta (e caduta rovinosa sul tappeto, come vediamo subito):

  1. Di nuovo si ipotizzano prescrizioni inadeguate e fantasiose, come l’allestimento di una nuova vetrina (che si fa? si apre un foro nel muro sul lato dell’edificio in ombra?);
  2. Se l’olio è deteriorato, sicuramente non potrà essere venduto: sicuramente le prescrizioni prevederanno l’eliminazione dei prodotti non conformi e, crediamo, non solo in casi come questo ma in qualunque caso;
  3. Passaggio repentino quanto immotivato da “deteriorato” a “pericoloso per la salute”. Il dott. Caselli dovrebbe sapere molto meglio di noi, che non abbiamo un cursus studiorum da giuristi, che se l’alimento è “pericoloso per la salute” il reato da contestare è il 444 del Codice Penale, di nuovo un delitto, quindi non una contravvenzione sanabile col nuovo meccanismo di prescrizione. Ahi ahi ahi. Non ci siamo proprio.

Per finire non poteva mancare il richiamo strappacore, acchiappaconsensi:
Non è giusto aggiungere, ai gravi problemi che già la crisi sta causando al portafoglio dei cittadini, anche problemi per la loro salute“. Detto da chi prende una magra pensione da magistrato, in effetti, suscita empatia e solidarietà (e accodamento alla narrazione, e allontanamento da una sana visione critica, ahinoi). Di narrazione ne parliamo qui, fra altre cose, ma ci ritorneremo. Non ci piacciono comunque le narrazioni: né quella dei “cattivi” che vogliono passare per “buoni”, né quella dei “buoni” che vogliono sembrare ancora più “buoni” atteggiandosi a paladini dei cittadini, ma lo fanno (o fingono di farlo) calpestando logica, diritto, scienza.

Salvateci dal “Salvagente”!

E sempre Forza Toro, dott. Caselli!