Ma è del mestiere questo?

Ovvero la libera interpretazione dei requisiti del punto 6.5 del documento RT 08.

Al sentire certe cose viene da chiederselo, come nella celebre scena di Checco Zalone in “Quo vado”.

È vero, è un argomento recente e piuttosto confuso, ma gli ispettori sono lautamente retribuiti anche per aggiornarsi e studiare, non per ripetere a pappagallo “manca la certificazione ISO 17034” alla prima lettura superficiale di un certificato del materiale, non è detto nemmeno che sia realmente “di riferimento”, senza approfondire minimamente questioni fondamentali e decisive (“ah, finalmente ne ho beccato uno senza! come sono stato bravo/a! adesso lo scrivo sulla ceccliste e appioppo una bella osservazione, anzi una sonora non conformità, ma che dico, una condanna ai lavori forzati, a questi miserabili che non hanno speso 300 euro per il materiale certificato!”).

Anche se il loro non è esattamente un “posto fisso”, come quello del personaggio zaloniano. Anche se magari stanno provando a farci fare quattro risate (e ce le facciamo, certo), ma non riescono bene nemmeno in questo. Preferiamo sempre Checco.

A proposito, perché non approfittarne, cari ispettori poco preparati? (Alcuni, non tutti, se no c’è chi fraintende.) Questo articolo è gratis anche per voi. Leggetevelo, gratis, e imparate qualcosa. Pensate che qualche vostro collega, più professionale e volenteroso di voi, ha persino pagato per seguire i nostri corsi!

Ci raccontano in tanti (e ciò si aggiunge a situazioni vissute in prima persona) delle ultime fantasmagoriche e balzane uscite di certi ispettori a proposito di riferibilità delle misure. Li ringraziamo intanto per l’ispirazione per questo gratuito articolo (anche per le riserve e i reclami che ci costringono a scrivere, non gratis, per i laboratori e che vanno poi a rinfoltire il nostro database sulle riserve).

Uscite fantasmagoriche e balzane che continuano a manifestarsi nonostante il pregevole intervento ai recenti incontri Accredia – laboratori – ispettori dell’ing. Rosalba Mugno (prima o poi dovreste trovare gli atti sul sito Accredia), la quale ha spiegato con dovizia di esempi pratici e risposte come i laboratori devono provvedere a soddisfare i requisiti derivanti dalla indicazioni del documento ILAC P10; requisiti ripresi (con l’ennesima disastrosa traduzione) al punto 6.5 del documento Accredia RT 08, inerenti la riferibilità metrologica mediata da materiali di riferimento. Un intervento per il quale ci siamo sinceramente complimentati, rara avis in un mondo infestato da quelli usi a parlar oscuro per apparir profondi alla folla (come diceva il buon Nietzsche).

Noi vorremmo cercare di essere chiari, non sappiamo bene se siamo veramente profondi, almeno ci proviamo. Quindi vediamo di decifrare i documenti misteriosi.

Purtroppo, come detto, la traduzione approssimativa ed imprecisa del documento ILAC inserita in RT 08 non fa altro che portare ulteriore confusione. Qualche volta dovremo risalire alla fonte, ovvero dai metrologi del Bureau International des Poids et Mésures (BIPM) e consultare il loro vocabolario internazionale (detto JCGM 200:2012). È scritto in due lingue, francese ed inglese, ma noi cercheremo di tradurre al meglio i passaggi importanti, come cercheremo di fare con il documento ILAC.

Partiamo da un punto: le indicazioni ILAC e RT 08 non hanno proprio l’aria di essere prescrittive

Il documento ILAC P10, infatti, è un documento di indirizzo, riporta delle politiche dell’organizzazione che raggruppa a livello mondiale gli organi di accreditamento dei laboratori di analisi, prova, clinici, dei centri di taratura, degli organizzatori di prove interlaboratorio, degli organismi di ispezione, dei produttori di materiali di riferimento, nonché le loro associazioni regionali (“regionale” in questo contesto significa più o meno a livello continentale). Nel proprio scopo (“purpose”, pag. 4) il documento lo dichiara esplicitamente. Anche nel seguito il documento ILAC è chiaro (a differenza di altri, vedere qui); esso usa sempre la formula “the ILAC policy is…” per introdurre le indicazioni fornite sulla validità dei metodi di riferibilità metrologica.

Notare anche la formula “si considera che i valori certificati assegnati sono considerati come aventi valida riferibilità metrologica quando…”. Ciò non esclude che esistano valori per i quali non è presente una valida riferibilità metrologica. Ci torneremo a breve.

Chiaramente il documento ILAC non è un documento prescrittivo in qualsiasi punto, altrimenti verrebbero usate formule del tipo “the laboratory shall…”, che vengono usate invece solo in alcuni punti del documento (ad esempio dove si prevede che le organizzazioni accreditate, come i laboratori debbano dimostrare la validità dei loro approcci), come ad esempio qui:

E il documento RT 08, che dice? Premettiamo che prendere un documento di politiche, tradurlo approssimativamente, inserirlo in un documento che ha la pretesa di avere carattere prescrittivo, non è un modo di operare molto in linea con i dettami della “qualità” (quella che gli addetti ai lavori scrivono quasi sempre con la maiuscola, ma per la quale evidentemente hanno talvolta poco rispetto) e aggiunge confusione all’incertezza e ai dubbi, invece di fornire indicazioni chiare sul come operare.

Per cominciare, infatti, il punto 6.5 del documento NON È PRESCRITTIVO; esso recita infatti “si riportano di seguito chiarimenti sulla politica di riferibilità metrologica basata su ILAC P10”. I chiarimenti, se sono tali, sono sempre graditi, ma restano chiarimenti e non prescrizioni. Quindi ribadiamo: quanto riportato nel punto 6.5 del documento RT 08, un documento con valenza contrattuale, NON È PRESCRITTIVO, almeno in linea generale.

Ciò è evidente anche in altri sottopunti del punto 6.5, ad esempio il 3a, laddove si usano le formule “dovrebbe”, “non dovrebbe”. In alcuni punti invece si usa la formula “deve” ma questo è limitato ad alcuni requisiti (ad esempio quello del sottopunto 1 “il laboratorio deve verificare la copertura delle CMC…” o quello riportato dopo il sottopunto 3b “nei casi 3a e 3b i laboratori devono assicurare evidenze della dichiarata riferibilità metrologica…”. Anche la sezione riguardante le tarature con materiali di riferimento utilizza in alcuni punti la formula imperativa, ad esempio nel sottopunto 4 “il laboratorio deve verificare la copertura delle CMC consultando il sito web”, o la formula di divieto, ad esempio dopo il sottopunto 7b “tale valore assegnato non può essere impiegato per stabilire la riferibilità”, riferito ai materiali residui da prove interlaboratorio.

Quanto sopra è confermato dalla formula utilizzata dal documento RT 08, sotto al titolo “Utilizzo di valori certificati di materiali di riferimento certificati” (pag. 11), sezione specifica per le tarature con materiali di riferimento.

L’esordio del paragrafo è “nel caso in cui la riferibilità metrologica sia fornita da produttori di materiali di riferimento (RMP), attraverso materiali di riferimento certificati (CRM), si considera, in accordo ad ILAC P10, che i valori certificati assegnati a CRM abbiano una valida riferibilità metrologica quando prodotti da…”.

Formula tutt’affatto diversa da quella utilizzata poco prima per le tarature con campioni di riferimento: “in accordo a quanto previsto dal documento ILAC P10, quando è richiesta riferibilità metrologica dei risultati, le dotazioni devono essere tarate da…”.

Quindi è chiaro che la trattazione successiva riguarda solo il caso in cui la riferibilità metrologica è fornita da produttori di materiali di riferimento, attraverso materiali di riferimento certificati (CRM), non altri possibili casi, come quello basato sulle sostanze madri, peraltro casi inclusi nella trattazione del paragrafo stesso, ai successivi sottopunti 7a e 7b.

Siete confusi? Immaginiamo di sì. Ma evidentemente chi ha scritto il paragrafo lo era molto più di voi.

È comunque chiaro, ripetiamolo ancora una volta, che IL PARAGRAFO 6.5 del documento RT 08, dal fondo di pag. 9 a circa metà di pag. 12, NON È REDATTO IN FORMA PRESCRITTIVA.

Per il resto, per il punto 6.5 “si applica il requisito di norma” (ISO 17025), come risulta ai successivi punti 6.5.1, 6.5.2, 6.5.3 (pag. 12). Ebbene, quali sono questi requisiti? Riprendiamo un attimo la ISO 17025.

Cosa richiede l’unico documento prescrittivo valido: la ISO 17025

Il punto 6.5.1 afferma che “il laboratorio deve stabilire la riferibilità metrologica dei propri risultati di misura per mezzo di una documentata e ininterrotta catena di tarature, ciascuna delle quali contribuisce all’incertezza di misura, e che li pone in relazione ad un appropriato riferimento” e rimanda all’allegato A per ulteriori dettagli.

Il punto 6.5.2 richiede che i risultati di misura siano “riferibili al Sistema Internazionale di Unità (SI)”, mediante “taratura effettuata da un laboratorio competente” (è il caso delle tarature di strumenti come bilance e termometri e, come vedremo meglio, delle sostanze madri), oppure mediante “valori di materiali di riferimento certificati forniti da produttori competenti con dichiarata riferibilità metrologica al SI” (dichiarata”, non “certificata”, “accreditata” o simili) o, ancora, “realizzazione diretta di unità SI assicurata da confronto, diretto o indiretto, con campioni nazionali o internazionali” (quest’ultimo approccio è peraltro molto difficoltoso, non tutti i laboratori possono permettersi un viaggio a Parigi o, al limite, a Torino, dove si trovano i campioni internazionali e nazionali, e poi ormai i campioni sono stati smaterializzati).

La nota 2 al punto 6.5.2 chiarisce che “i produttori di materiali di riferimento che soddisfano i requisiti della ISO 17034 sono considerati competenti”. La frase NON riporta alcun riferimento ad “accreditamento ISO 17034” ed è chiaro, per chi conosce la lingua italiana e la logica aristotelica, che non è escluso che altri produttori possano comunque essere considerati competenti. Starà al laboratorio stabilire come e sulla base di quali requisiti.

Il successivo punto 6.5.3 prevede invece che “quando non è tecnicamente possibile assicurare la riferibilità metrologica alle unità SI, il laboratorio deve dimostrare la riferibilità metrologica ad un riferimento appropriato, per esempio…”.

Tecnicamente” e non “economicamente”. Se il materiale di riferimento esiste non importa se costa un fantastiliardo e lo si deve far arrivare in traghetto dall’Isola di Pasqua. Dovete correre ad ordinarlo. Dura lex, sed lex. (Ma c’è sempre l’obiezione di coscienza, o almeno qualcosa di simile ad essa.)

Riferimento appropriato”, e la norma fornisce degli “esempi” (in quanto tali da non intendersi come limitativi):

a. “Valori di certificati di materiali di riferimento certificati forniti da un produttore competente” (il laboratorio deciderà come identificare questa competenza, probabilmente in base a quanto scritto al punto 6.6 della norma);

b. “risultati ottenuti con procedure di misura di riferimento, con metodi specificati o con norme basate sul consenso…” (è questo il caso ad esempio della microbiologia, per la quale NON ESISTE un riferimento riconducibile al SI, anche se certi ispettori microbiologi lo ignorano o, peggio, fingono di ignorarlo per piazzare le loro inutili pseudoconsulenze a chi ha la sventura di averci a che fare);

In definitiva il punto 6.5 della ISO 17025, il solo riferimento valido da considerare (come detto, il documento ILAC non è un documento prescrittivo ma indica le politiche dell’organismo, mentre il documento RT 08 non ha evidentemente carattere prescrittivo laddove ricapitola – malamente – le politiche ILAC), nel caso dei materiali di riferimento NON RICHIEDE sistematicamente accreditamenti ISO 17034, riferibilità diretta a istituti metrologici e quant’altro gli incompetenti intendono come unica strada percorribile.

Autovalutazione

E l’allegato? Niente di che, un po’ di teoria, che nulla aggiunge alla trattazione del punto 6.5, almeno fino al punto A.2 (gli ispettori/consulenti incompetenti forse non sanno nemmeno dell’esistenza di un allegato). Ma poi, al punto A.3… sorpresa! “Esistono vari modi per dimostrare la conformità al presente documento…” inclusa “l’autovalutazione” (oltre agli istituti metrologici o simili e all’accreditamento dei produttori). La norma riporta, come esempio, i modi per garantire la riferibilità nei casi in cui è necessario dimostrare a livello internazionale la riferibilità (per l’appunto, utilizzare istituti metrologici e accreditamento dei produttori).

Avete capito bene: potete AUTOVALUTARE la validità della vostra catena di riferibilità! Almeno se non dovete “dimostrare la riferibilità metrologica a livello internazionale”.

Magari fate i tamponi sulle affettatrici o fate l’analisi chimica dell’acqua dell’acquedotto e qualche genio incompreso vi sta tormentando sull’accreditamento 17034. Ebbene, se i vostri risultati analitici non sono CERTAMENTE utilizzati a livello internazionale, come in questi casi, potete, doverosamente, mandarlo a spanare meliga, se siete piemontesi e volete mantenere una certa eleganza, o in qualche altro luogo. Ovviamente non prima di aver inserito nella vostra analisi dei rischi (non quella sciocca e complicata del 3×2 ma quella seria, spiegata qui) opportune considerazioni in merito. Considerazioni sui rischi legati alla riferibilità, non sui rischi di mandare il personaggio dove merita di essere mandato, altrettanto ovviamente. Questa è comunque un’opportunità da non perdere!

Riprendiamo qui brevemente le indicazioni fornite agli incontri Accredia

(con qualche nostro commento e integrazione)

1. La riferibilità metrologica, come indicato sia da ILAC che da RT 08, in entrambi i casi al punto 4 della lista, può essere “fornita da produttori di materiali di riferimento (RMP, reference materials providers), attraverso materiali di riferimento certificati (CRM o MRC), in questo caso “si considera, in accordo ad ILAC P10, che i valori certificati assegnati ai materiali di riferimento certificati abbiano una valida riferibilità metrologica quando prodotti da istituti metrologici nazionali che producono materiali di riferimento certificati”, purché le proprietà di questi ultimi siano incluse nel database KCDB (key comparison database), gestito dal Bureau International des Poids et Mésures, ovvero, in inglese, International Committee for Weights and Measures (CIPM secondo il documento Accredia RT 08 e secondo ILAC P10, e non ICPM, chissà mai perché); in questo caso il laboratorio deve semplicemente controllare che sia presente sul certificato del materiale una specifica nota oppure il marchio CIPM MRA, questo:

E se il marchio non fosse presente? In questo caso il laboratorio deve prendersi la briga di andare a verificare sul sito BIPM a questo indirizzo se il materiale è presente. Non usate il link indicato dal documento RT 08: è sbagliato (come del resto tantissime altre cose nel documento). E la “certificazione ISO 17034”, come la chiamano certi ispettori? In questo caso NON SERVE.

Avete capito bene: NON SERVE.

Ad esempio tutti i materiali forniti dal NIST sono da considerarsi validi per garantire la riferibilità metrologica. Basta controllare il certificato oppure consultare il sito BIPM.

Ma se il materiale è ad esempio dichiarato “riferibile NIST” ma è preparato da un altro soggetto, non dal NIST, che dichiara la riferibilità al materiale originale? Un soggetto non presente nel database KCDB?

Questa situazione non è riferibile al caso del punto 4 della lista ma non arrendiamoci: essa, come già detto e come rivedremo tra poco, può rientrare negli altri casi previsti dal documento ILAC e dal documento RT 08 e, comunque, dalla ISO 17025.

E se il vostro è un laboratorio clinico? Più o meno stessa solfa, ma altro database specifico, sempre gestito dal BIPM, quello JCTLM, specifico per il settore.

2. Se il materiale di riferimento non è riconducibile al NIST, LGC, o simili (soggetti inclusi nel database KCDB, oppure JCTLM per il settore clinico), allora si può fare riferimento, come valida alternativa, a produttori accreditati ISO 17034 (come abbiamo visto, però la ISO 17025 non impone l’accreditamento, basta la conformità alla norma). Quindi solo istituti metrologici o produttori accreditati ISO 17034? No, andiamo avanti.

3. Il documento RT 08 prevede che “qualora non sia tecnicamente possibile documentare la riferibilità metrologica al Sistema SI mediante utilizzo di un CRM, come sopra descritto” si possano adottare altri approcci, ovvero “utilizzare valori certificati di materiali di riferimento certificati, forniti da un produttore competente” oppure “fornire evidenza di adeguato confronto a procedure di misurazione di riferimento, a metodi specificati o a riferimenti di consenso chiaramente descritti e accettati come idonei per l’uso previsto”. Il primo caso è ad esempio quello di standard per chimica privi di certificazione di produttore accreditato ISO 17034, in quanto NON ESISTONO produttori accreditati ISO 17034, per i quali il laboratorio dovrà definire come effettuare una valutazione di idoneità secondo il punto 6.6 della ISO 17025, il secondo è ad esempio quello della microbiologia, per la quale, come detto agli incontri Accredia / laboratori / ispettori, al momento NON SONO DISPONIBILI riferimenti validi. Non dimentichiamo comunque che, come spiegato in precedenza, il documento RT 08 e il documento ILAC P10 non possono essere intesi come prescrittivi e la norma ISO 17025 consente altri approcci, in particolare se non è necessario dimostrare a livello internazionale la riferibilità dei risultati analitici forniti.

In ogni caso, l’ispettore prima di annotare il rilievo ha il dovere di approfondire debitamente la questione e l’onere di dimostrare l’esistenza di materiali di riferimento certificati forniti da produttori accreditati, oppure di materiali forniti da istituti metrologici primari (quelli pavloviani che appena vedono un certificato privo di riferimento ISO 17034 iniziano a sbavare e corrono a scrivere il rilievo, uno dei 3-4 del loro modesto repertorio, imparati a memoria e mai capiti, tendono invece a non farlo, ma sono per fortuna una minoranza, speriamo in estinzione).

4. E infine, per quanto riguarda i materiali residui da circuiti interlaboratorio? Potrebbe essere il loro uso una modalità valida, rientrante tra quelle alternative, previste dalla norma ISO 17025 in allegato 3? Diremmo proprio di sì, seppure ad alcune condizioni, indicate sia dal documento ILAC che dal documento RT 08, in fondo alla lista dei sottopunti. Le condizioni sono:

    • verificare se l’organizzatore può fornire ulteriori informazioni sulla stabilità del materiale (e questa indicazione è presente anche nel documento ILAC P10);
    • non utilizzare valori di riferimento, ottenuti per consenso in base a diverse procedure di analisi (misura), ma valori definiti a priori (ad esempio nei casi in cui l’organizzatore utilizza materiali di riferimento a concentrazione nota e comunica poi ai partecipanti tale concentrazione); questa indicazione non è presente nel documento ILAC P10 ma esce dal cilindro di Accredia, con un estemporaneo rimando alla guida ISO 35, non è dato a sapere a quale punto (non cielo dikono!) ma potrebbe essere dalle parti del punto 9.1 (“a certified value should be… not just an average of a population”); avete letto bene: “should”, ma sappiamo altrettanto bene che sono allergici alla distinzione tra obblighi e consigli; c’è poi, sempre nella ISO 35, un rimando citazionale alla ISO 17034, preceduto da un “can”; che altro dire? Che si sono dimenticati completamente della nota 4 del documento ILAC P10!

5. Già, su questo punto, in via Saliceto sono stati un po’ distratti, chissà perché. Proviamo a ricordarlo loro: “When metrological traceability to solely SI units is not appropriate or applicable to the application, a clearly defined measurand should be selected. Establishing metrological traceability therefore includes both the proof of identity of the property measured and the comparison of the results to an appropriate stated reference. The comparison is established by ensuring the measurement procedures are properly validated and/or verified, that measuring equipment is appropriately calibrated and that conditions of measurement (such as environmental conditions) are under sufficient control to provide a reliable result”. In soldoni, e in italiano: è il caso tipico dei metodi di consenso, ad esempio TUTTI quelli della microbiologia, ma anche molti altri. Si vuole dire che in fin dei conti esistono altri percorsi per la riferibilità, persino non metrologica!

6. Proprio sulla microbiologia, a domanda chiara, si è avuta risposta altrettanto chiara in occasione dei recenti incontri, dall’ing. Rosalba Mugno, direttore del dipartimento tarature di Accredia: al momento la riferibilità metrologica in questi casi NON È APPLICABILE (e non lo è nemmeno per le analisi qualitative, non solo in microbiologia). Ci stanno lavorando su. Quindi, per adesso, sappiamo come rispondere ai fenomeni che ci chiedono la certificazione ISO 17034 dei ceppi microbici. E, se insistono, riserve e reclami!