Si è svolto in data 7 marzo il convegno organizzato da Accredia e Istituto Superiore di Sanità a distanza di un anno circa dalla pubblicazione del D.Lgs. 18/2023 sulle acque per consumo umano.
Iniziativa tutto sommato interessante, in particolare per alcuni interventi di cui parliamo nel seguito.
Sono intervenuti, oltre ad Accredia e ISS, rappresentanti del Ministero della Salute, di Eurachem, di Nordtest (il consorzio dei paesi del Nord Europa operante nel settore della valutazione di conformità, inclusa quella svolta dai laboratori), di Unichim.
Per chi non fosse stato presente, riassumiamo i punti salienti.
È stato chiarito che solo i laboratori di cui si avvalgono i gestori di acquedotto (interni o esterni al gestore) e quelli che operano nel controllo ufficiale sono tenuti ad accreditarsi. Al momento i laboratori dei gestori che si sono già accreditati sono 160. È stato inoltre detto che non è richiesto l’accreditamento per parametri analizzati a scopo di studio per lo sviluppo dei piani di sicurezza delle acque.
È seguita una trattazione, a dire il vero un po’ confusa, sulle differenze tra “monitoraggio”, “controllo”, “monitoraggio operativo” e “verifica”, dovuta, sembrerebbe, a problemi di traduzione dall’inglese.
Viene da chiedersi però come mai queste definizioni non siano state pienamente riportate nel testo del decreto. La direttiva (UE) 2020/1984 non riporta una definizione di questi termini. Nel recepimento italiano è stata introdotta la definizione di “monitoraggio” (art. 2, comma 1, lettera u), riferibile alle analisi ma comprendente anche il “monitoraggio operativo”, relativo quest’ultimo alle “misure di controllo”. Non c’è traccia di definizioni per “verifica”, e nemmeno per “controllo”. Però il testo dell’art. 13, titolato “controlli”, corrisponde a quello che nella direttiva è chiamato “monitoraggio” (ovvero le analisi). Insomma, non molta chiarezza (e non unica imprecisione: non vi annoiamo con questioni riguardanti le presunte e fantomatiche “assenza di docce nelle scuole” e “uso di acqua sterile nell’industria enologica”).
Andiamo invece agli interventi senz’altro interessanti: quelli di Bertil Magnusson, chimico svedese in forza al Nordtest e a Eurachem. Magnusson è autore insieme ad altri simpatici vichinghi (la copertina del documento è molto divertente) del Nordtest Report 569, giunto alla sua quinta edizione, che tratta di assicurazione qualità nei laboratori chimici, e del Nordtest Report 537, arrivato invece alla quarta (ma la quinta è in arrivo nel 2025), sul calcolo dell’incertezza in base ai dati di assicurazione qualità. Noi approfondiamo qui questo argomento, oltre a proporre un corso centrato proprio sul Nordtest Report 537, accompagnato da foglio di calcolo in italiano e procedura già pronta da adattare alle proprie esigenze. C’è anche un filmato introduttivo, gratuito, di una ventina di minuti.
A proposito delle famigerate “carte di controllo”: Magnusson ne propone un uso moderato e ci ricorda, cosa per nulla trascurabile, che il loro uso nasce e si sviluppa in ambienti di produzione; utilizzarle in ambito di laboratorio richiede una certa cautela.
Ah, Magnusson espone in italiano con molta più proprietà di linguaggio di molti italici “esperti”.
Apprezzabile anche l’intervento di Sandro Spezia, direttore di Unichim, il quale, dopo aver giustamente invitato i laboratori a una lettura più attenta dei rapporti finali delle prove valutative interlaboratorio, ha spiegato come non limitarsi allo z-score e considerare la propria incertezza di misura con lo Zgreca-score e altri sistemi (noi ne parliamo meglio qui) e di come non tutti gli z-score sono uguali (in pratica esistono organizzatori più “di manica larga”). Interessante anche quanto detto anche a proposito di valutare le tendenze senza carte di controllo “classiche” (classiche quanto inutili, aggiungiamo) ma con quanto indicato da Thompson, il sodale del più celebre Horwitz, a proposito di RSZ, SSZ, SZ2. Sapevate che un singolo risultato non conforme potrebbe anche essere accettabile? Thompson ne scrive qui, e presenta anche un interessante tipo di carta di controllo “alternativa”, per chi volesse approfondire il tema.
Utile anche la trattazione relativa alla gestione delle somme: peccato però che, pur essendo l’argomento accennato da diversi relatori, nessuno abbia detto come fare a gestire l’analisi dei PFAS essendo non disponibili standard completi di tutti i principi attivi la cui determinazione è richiesta dal decreto 18.
Infine, dopo un intervento che avrebbe dovuto trattare delle “novità che saranno introdotte dai nuovi atti delegati e di implementazione europei nella regolamentazione dei materiali a contatto con le acque destinate al consumo umano”, consistito invece in una prolissa trattazione sul come i materiali e oggetti possono contaminare l’acqua e sul come si sviluppa il biofilm (con pochissime indicazioni chiare su cosa ci riserverà effettivamente il futuro), nell’ultimo intervento della giornata, un po’ frettoloso, abbiamo scoperto che è in corso di revisione il rapporto Istisan 07/5 e che la nuova edizione comprenderà parametri microbiologici aggiuntivi (non si sa però se si dovrà accreditarli); tra questi, oltre alle amebe (queste effettivamente di interesse), Listeria e Yersinia che, conoscendone l’ecologia non si sa bene per quale motivo, dovremo in futuro determinare sulle acque. Anche in quest’ultimo intervento nulla di chiaro su quali sono i metodi microbiologici equivalenti ad oggi utilizzabili (a parte Enterolert®, del quale già si sapeva).
Un punto interessante: a precisa domanda è stato risposto (con strani ghirigori e invocazione del celebre “disposto combinato”) che la tabella della parte D dell’allegato I del decreto (Legionella e Piombo) si applica solo per edifici prioritari, anche se in tabella, per il Piombo, è riportato “il valore di parametro è definito ai fini dell’articolo 9 e deve essere rispettato al punto di uso dei sistemi di distribuzione interni negli edifici, locali e navi”, senza specifica di “prioritari”. Chissà se la magistratura ne è al corrente e quali saranno le future interpretazioni… Nessuna notizia, invece, per quanto riguarda il decreto “correttivo”, di cui si era parlato in altri convegni analoghi, e che dovrebbe correggere strafalcioni come questo e altri ben peggiori come quest’altro (dalla parte A dell’allegato II del decreto):
Fagi “formanti colonie”, e dove trovarli.
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