Di che si tratta?

Di un articolo della bozza in corso di redazione del prossimo venturo decreto legislativo di recepimento della Direttiva “Acque Potabili” 2020/2184 dell’Unione Europea, la cui promulgazione è prevista per il prossimo mese di gennaio (termine ultimo fissato dalla Direttiva).

La bozza la trovate qui. Abbiamo eliminato i riferimenti agli autori ed i commenti delle parti interressate. Per pudore.

Non ci concentreremo in questo articolo sui contenuti della bozza di decreto, attendiamo la versione definiiva e certamente torneremo sull’argomento con uno o più articoli quando questa sarà pubblicata. Di carne al fuoco ce n’è molta.

Tornando alla bozza, non notate nulla..? Piccolo suggerimento… le parti evidenziate in giallo.

Sì, c’è proprio scritto “REATO PENALE”.

L’espressione si trova sei volte nel testo, numero di ripetizioni probabilmente frutto del copia-incolla ma inserimento iniziale quasi sicuramente frutto del livello di competenza giuridica di chi il documento ha redatto.

Competenza..? Mah.

Come detto in altre occasioni, non siamo giuristi. Ciò non toglie che, volenti o nolenti, abbiamo accumulato un po’ di esperienza in materia frequentando avvocati, giudici, pubblici ministeri, aule di tribunale in veste di periti.

Però già ben prima di accumulare questa esperienza, sapevamo già alcune cose, che i giuristi sanno spiegare meglio di noi, ad esempio qui, a cura di Alessandra Concas. Altre considerazioni simili qui e qui.

In sintesi (citiamo): “Il reato è sempre penale non esiste il reato civile o amministrativo. L’errore è grammaticale, essendo il reato un illecito esclusivamente penale, non esistono reati civili o amministrativi, si tratta di una ripetizione inutile. Quando un avvocato o un addetto ai lavori sente dire, in una discussione, l’espressione “reato penale” risulterà difficile che non gli compaia sul volto un’espressione contrariata“.

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Siamo ovviamente d’accordo, e abbiamo assunto effettivamente un’espressione contrariata quando abbiamo avuto modo di leggere la bozza di decreto.

Per capire meglio cosa è successo, giova un piccolo ripasso sulle procedure istituzionali.

Per quanto riguarda materie non di interesse preminente per l’Unione Europea (quando l’interesse è preminente vengono promulgati dei regolamenti, applicabili direttamente in tutti gli stati membri), l’Unione emana delle direttive che devono essere recepite da ciascuno stato membro, assegnando un termine per il recepimento. Nel caso dell’Italia per consuetudine la direttiva viene recepita mediante la promulgazione di una “legge delega” da parte del Parlamento. Il Parlamento delega il Governo a recepire i contenuti della direttiva europea e a inserirli in un decreto legislativo.

Tutto molto bello e istituzionale, no?

Certo, ma chi redige materialmente il testo delle leggi..? Di solito qualche più o meno oscuro funzionario ministeriale o di qualche altro ente, in particolare, nel caso della legislazione sugli alimenti e sulle acque, qualche funzionario dell’Istituto Superiore di Sanità. I parlamentari e i membri del Governo hanno testa altrove, impegnati in faccenda per noi inavvicinabili e forse incomprensibili. Soprattutto i membri, del Governo, hanno testa… altrove.

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E allora qualcuno, da qualche parte, delega, anche se non formalmente e non secondo previsioni di legge, qualche funzionario, più o meno competente nel proprio ambito tecnico (ahinoi, talvolta manca anche la competenza tecnica!).

Peccato che, spesso, i funzionari abbiano poca o punta competenza giuridica, come è più che evidente in questo caso. Peccato anche che, altrettanto spesso, i distratti membri del Governo, loro collaboratori, parlamentari, continuino ad avere la testa di …altrove e non si peritino di correggere gli svarioni dei poveri funzionari. Ecco spiegata tutta una serie di traduzioni bislacche (“lavabi segnalati per lavarsi le mani”, “punto critico di controllo” per “critical control point“, invece del corretto “punto di controllo critico“,  e altre amenità ormai sedimentate negli anni) e tutta una serie di concetti campati in aria di cui le leggi che conosciamo sono colme.

Comunque è abbastanza preoccupante che chi, in un modo o nell’altro, abbia un compito istituzionale così importante come quello di redigere le leggi che dovremo osservare e sulle quali dovremo fornire consulenza ai clienti, si esprima come l’avventore di qualche bar di periferia intento ad illustrare ad altri suoi compari complicati concetti giuridici con una buona dose di semplificazione distorta (non la semplificazione che ci piace!), di solito proporzionale alla dose di bianchini e grappini consumata.

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Chissà se i funzionari ci leggono… Chissà se rimedieranno almeno a questa svista? Come sempre staremo a vedere, gennaio è vicino.