(a cura del dott. Leonardo de Ruvo, dottore in tecnologie alimentari, collaboratore dello Studio Arclab)
Sebbene secondo alcuni autori il termine durezza dell’acqua sia obsoleto o privo di una definizione soddisfacente (1), esso si riferisce al contenuto di sali di calcio e magnesio, presenti in forma di carbonati, bicarbonati, solfati, cloruri e nitrati, e dipende dall’origine superficiale o profonda delle acque e dalla geologia dell’area di captazione (2).
In ragione dei diversi gradi di durezza, espressa comunemente in equivalenti di carbonato di calcio (mg/L CaCO3), si riconoscono diversi tipi di acque (3):
– acqua dolce: < 100 mg/L CaCO3
– acqua moderatamente dura: tra 100 e 200 mg/L CaCO3
– acqua dura: > 200 mg/L CaCO3
In funzione dei Sali di Ca e Mg presenti e della loro persistenza in soluzione quando l’acqua è sottoposta ad ebollizione si definiscono differenti tipologie di durezza (2):
1) DUREZZA TEMPORANEA
Rappresenta il contenuto salino attribuibile ai sali di calcio e magnesio sotto forma di bicarbonati. Questi quando sottoposti a riscaldamento, all’ebollizione precipitano come carbonati a seguito della perdita dell’anidride carbonica (CO2) presente nel campione, da qui la denominazione di “Durezza temporanea”.
2) DUREZZA PERMANENTE
È il contenuto salino di un’acqua in ioni calcio e magnesio che non hanno subito trasformazioni a seguito del processo di ebollizione in quanto derivanti dalla ionizzazione o dalla dissociazione dei corrispondenti cloruri, nitrati, solfati, ecc.
3) DUREZZA TOTALE
È il contenuto in ioni calcio e magnesio espresso come carbonato di calcio (CaCO3), che corrisponde alla somma della durezza permanente e della durezza temporanea. Questa viene determinata sull’acqua prima di essere sottoposta a trattamento termico. La durezza temporanea viene pertanto valutata come differenza tra la durezza totale e la durezza permanente.
La durezza dell’acqua è una proprietà che ha influenza sia sulla salute umana che sull’andamento dei processi di trasformazione degli alimenti.
LA DUREZZA DELL’ACQUA NEI PROCESSI INDUSTRIALI
La durezza dell’acqua ha decisamente delle ripercussioni nel settore alimentare, in quanto le acque dure possono:
– ridurre l’efficacia dei saponi e dei disinfettanti utilizzati nelle operazioni di pulizia e sanificazione;
– favorire la deposizione di calcare, con la formazione di incrostazioni e di conseguenza l’adesione di microrganismi e formazione di biofilm (tale caratteristica può risultare critica anche per Legionella (4), anche se questo batterio NON è associato alle malattie trasmesse con gli alimenti (4)*;
– comportare la precipitazione dei carbonati insolubili a caldo, con riduzione dell’efficienza di scambio termico delle apparecchiature (es. nel settore della produzione della birra).
*La legionellosi viene normalmente acquisita per via respiratoria mediante inalazione, aspirazione o microaspirazione di aerosol contenente Legionella, oppure di particelle derivate per essiccamento.
In panificazione si ritiene che l’acqua di media durezza sia la più indicata, in quanto alcuni Sali minerali hanno effetto positivo sul glutine e rappresentano fattori di crescita per i lieviti (5).
Le acque dolci possono comportare impasti molli proprio per la mancanza di effetto positivo sulla struttura del glutine, mentre le acque eccessivamente dure, a causa dell’elevato potere tampone, tendono a neutralizzare lo sviluppo di acidità dell’impasto causando rallentamenti nella lievitazione (6).
LA DUREZZA DELL’ACQUA E LA SALUTE
Se da un punto di vista tecnologico la durezza dell’acqua assume generalmente un significato negativo, dal punto di vista della salute questa caratteristica è da considerarsi positiva.
A partire dagli anni ’50 del secolo scorso diversi studi hanno infatti evidenziato una correlazione INVERSA tra apporto di magnesio e calcio disciolti nell’acqua potabile e incidenza di patologie cardiovascolari, così come riportato anche da Ottaviani et al. (3).
Oltre a questo dato è importante sottolineare che LE ACQUE DURE NON AUMENTANO IL RISCHIO DI CALCOLI RENALI.
È stato dimostrato infatti che anche le acque ricche di calcio sono utili nella prevenzione della calcolosi renale mentre, viceversa, una dieta povera di calcio può aumentare il rischio di sviluppare questa patologia (7).
Il consiglio molto diffuso di utilizzare acque leggere o moderatamente oligominerali in sostituzione dell’acqua del rubinetto per evitare la formazione di calcoli NON È GIUSTIFICATO DA EVIDENZE SCIENTIFICHE (7, 8, 9).
L’importanza della durezza dell’acqua è addirittura ribadita a livello normativo, ovvero nella parte C, allegato I della direttiva UE 2020/2184 sulle acque destinate al consumo umano (in attesa di recepimento a livello di Stati Membri).
La direttiva infatti specifica che se le acque sono stato sottoposte ad un trattamento significativo di addolcimento o demineralizzazione, queste possono essere addizionate di sali di calcio e magnesio al FINE DI RIDURRE IL POTENZIALE IMPATTO NEGATIVO SULLA SALUTE UMANA.
Ovvero sono le acque addolcite/demineralizzate a costituire un rischio per la salute e NON IL CONTRARIO.
Ultima curiosità riguardo acqua dura e piombo disciolto:
Le concentrazioni di piombo nell’acqua potabile sono generalmente inferiori a 5 μg/litro, sebbene livelli più elevati, anche superiori a 100 μg/litro, possono essere ritrovati dove sono presenti materiali in piombo a contatto con le acque.
I fenomeni di cessione sono favoriti dal prolungarsi del tempo di permanenza dell’acqua nella rete di distribuzione (stagnazione) ed a particolari condizioni chimico-fisiche dell’acqua tendenti a favorire la dissoluzione dell’elemento dal materiale al mezzo acquoso.
In particolare, maggiori quantità di piombo sono rilasciate dall’impianto idrico in acque condottate debolmente acide, caratterizzate da elevata presenza di cloruro ed ossigeno disciolto, alte temperature e (guarda un po’) bassi tenori di durezza dell’acqua (10).
QUINDI A MENO CHE NON SIATE DELLE MACCHINE DEL CAFFÈ O DEGLI IMPIANTI DI SCAMBIO TERMICO, SMETTETELA DI BERE ACQUA “ADDOLCITA”.
BIBLIOGRAFIA:
(1) Berbenni P. (1996), La durezza delle acque e il suo significato. Definizione, Inquinamento, 3, pp 25-26.
(2) Ottaviani M., Achene L., Ferretti E., Lucentini L. (2007), La durezza dell’acqua destinata al consumo umano: riflessi sulla salute umana, Nota Istituto Superiore di Sanità, 20(3), pp 3-6.
(3) Ottaviani M., Bonadonna L., Metodi analitici di riferimento per le acque destinate al consumo umano ai sensi del DL.vo 31/2001. Metodi chimici, Rapporto ISTISAN 07/31, p 60.
(4) Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi, Conferenza Stato-Regioni del 07 maggio 2015.
(5) Pyler E.J., Fundamental in baking technology, in Pyler E.J., Baking Science and technology, Part three, Vol. II, Sosland Publishing Company, Merriam (KS), 1988.
(6) Biotecnologie dei prodotti lievitati da forno”, M. Gobbetti, A. Corsetti, Casa Editrice Ambrosiana (2010).
(7) https://www.issalute.it/…/915-attenzione-a-bere-l-acqua…
(8) https://www.niddk.nih.gov/…/kidne…/eating-diet-nutrition
(9) Gary C. Curhan, Walter C. Willett, Eric B. Rimm, and Meir J. Stampfer, A Prospective Study of Dietary Calcium and Other Nutrients and the Risk of Symptomatic Kidney Stones, 25 marzo 1993, N Engl J Med 1993; 328:833-838
(10) Nota informativa in merito alla potenziale contaminazione da piombo in acque destinate a consumo umano, Istituto Superiore di Sanità, 13 dicembre 2013.
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