Ai laboratori accreditati italiani
A proposito di nuova revisione del documento RT 08, di dichiarazioni di conformità e regole decisionali.
Ritenendo di fare cosa gradita mettendo a parte gli interessati, informiamo i laboratori accreditati dei fatti che seguono. La sequenza e il contenuto dei messaggi possono essere illuminanti riguardo alle dinamiche che caratterizzano il mondo dell’accreditamento.
Come è noto, dal 1° aprile scorso, è in vigore la nuova revisione 5 del documento Accredia RT 08, la quale, fra le altre novità, enfatizza gli aspetti relativi alla dichiarazione di conformità e alle regole decisionali per la loro formulazione.
I punti del documento RT 08 rilevanti per questi aspetti sono il 7.1.3 e il 7.8.6.
In particolare il punto 7.1.3 introduce la novità del divieto, per i laboratori, di escludere sistematicamente dalle proprie attività le dichiarazioni di conformità (come invece previsto in generale per altre attività al punto 8.1.1 del medesimo documento e usualmente applicato, ad esempio per quanto riguarda campionamenti, formulazione di opinioni e interpretazioni, validazione di metodi):
“Il laboratorio non può escludere a priori di rilasciare dichiarazioni di conformità qualora richieste dal cliente, a meno che non gli sia vietato da disposizioni cogenti”
Proviamo ad immaginare, per analogia, lo stesso approccio applicato ad altre attività:
“Il laboratorio non può escludere a priori di rilasciare opinioni e interpretazioni qualora richieste dal cliente…”
“Il laboratorio non può escludere a priori di effettuare campionamenti qualora richiesti dal cliente…”
“Il laboratorio non può escludere a priori di validare metodi non normati qualora richiesti dal cliente…”
Il paradosso è evidente.
Ritenendo questo divieto contrastante con l’articolo 1322 del Codice civile (“Autonomia contrattuale”), oltre che fondato su un macroscopico ed evidentissimo errore nel contenuto del documento ILAC G8:09/2019 (errata citazione della ISO 17025), abbiamo segnalato il fatto ad Accredia, European Accreditation, ILAC, ministeri interessati, assieme ad alcune nostre considerazioni, richiedendo agli enti destinatari di intervenire, ognuno per le proprie competenze.
Nella lettera, inviata il 26 aprile 2022, oltre a motivare approfonditamente i motivi per cui riteniamo un’assurdità quanto scritto nel punto 7.1.3 del documento RT 08 rev 5, abbiamo anche evidenziato che nessuno dei principali enti di accreditamento europei, e nemmeno la stessa Accredia nel documento RT 25, omologo dell’RT 08 per i laboratori di taratura (i quali sono anch’essi tenuti a conformarsi alla ISO 17025), impongono un siffatto obbligo.
I dettagli si trovano nella copia della lettera inviata, che trovate qui.
Abbiamo successivamente ricevuto risposte da alcuni dei destinatari, risposte che qui riassumiamo e commentiamo allegando copia delle risposte così come ricevute.
EA, European Accreditation, risposta del 28 aprile
La gentilissima responsabile dell’amministrazione, Martine Blum, consiglia di “contattare” ILAC e Accredia e le autorità nazionali (invitandoci alla lettura delle procedure EA e consigliandoci di inviare anche un reclamo), probabilmente non avendo fatto caso ai co-destinatari della segnalazione, pur essendo questi chiaramente riportati nell’epigrafe del messaggio. Ella inoltre sottolinea che Accredia, essendo firmataria degli accordi di mutuo riconoscimento, è da ritenersi conforme ad ogni requisito. Probabilmente “a priori” e in saecula saeculorum. (Dovremmo tenere conto di questo interessante concetto se in futuro riceveremo reclami dai nostri clienti: “siamo accreditati, quindi siamo conformi, eternamente”.) Ovviamente EA “non discute la legalità dei requisiti”. Interessante concetto anche questo.
ILAC, risposta del 3 maggio
Onestamente la coordinatrice senior della segreteria ILAC, Sharon Kelly, ammette l’errore, scrivendo che la citazione errata della ISO 17025 “non avrebbe dovuto esser riportata come citazione”, essendo essa la “parafrasi” del requisito originale. Strana parafrasi, in quanto include inspiegabilmente uno specifico riferimento ai laboratori di analisi e prova, del tutto inesistente nel requisito originale. “Siamo stati fraintesi” non è una specialità esclusiva italiana. (Da notare che proprio su questo punto, come risulta nella risposta a riserve formulate e accettate, precedentemente alla nuova revisione del documento RT 08, Accredia basa la propria posizione.) Alla fine, comunque, ILAC assume una posizione accondiscendente: l’errore verrà segnalato al Comitato ILAC e recepito nella prossima revisione del documento G8:09/2019.
Prevedibilmente nel 2023.
2023, esattamente.
Accredia, risposta del 6 maggio dalla direzione generale (che probabilmente “ingloba” la risposta da parte della direzione di dipartimento, mentre non sono pervenute risposte dal Comitato di indirizzo e garanzia)
Accredia sostiene che “il regolamento RT-08 non riporta in alcun modo requisiti aggiuntivi rispetto a quanto già riportato dalle norme di riferimento”, in quanto detto regolamento “fa riferimento alle prescrizioni della norma ISO 17025 e riporta le informazioni necessarie per l’applicazione dei requisiti”. Affermazione decisamente apodittica: la norma non impone affatto di includere dichiarazioni di conformità (quindi non limita la facoltà di escludere a priori l’attività), ma descrive soltanto le modalità per gestire tali dichiarazioni al momento della stipula del contratto. Esattamente come per altre situazioni analoghe (ad esempio punto 7.2.1.6 “Quando è richiesto lo sviluppo di un metodo, questa attività deve essere pianificata…”, ma i laboratori sono liberi di escludere a priori l’attività di sviluppo dei metodi). Di fatto, testualmente, il documento RT 08 impone ai laboratori di prendere in carico un requisito riguardante attività che essi potrebbero non aver mai svolto e non avere alcuna intenzione di svolgere.
Accredia riporta poi la definizione ISO 17000 di “organismo di valutazione della conformità”, quest’ultima intesa come “dimostrazione che i requisiti specificati sono soddisfatti”. Definizione corretta ma che tralascia il fatto che molte analisi e prove non sono condotte a fronte di criteri ma solo per ricavare dati oppure per valutare andamenti (si pensi ad esempio ad analisi nutrizionali, analisi di contaminazione su superfici, caratterizzazione di rifiuti, valutazione del titolo di metalli preziosi, ma gli esempi sono moltissimi). Dopodiché chiarisce che “il senso del punto 7.1.3 del documento RT-08 è da intendersi non come obbligo per il laboratorio a emettere dichiarazioni di conformità, ma come non esclusione, a priori, da parte di un soggetto accreditato, di ottemperare ad un requisito normativo”. Siamo daccapo: perché dichiarazioni di conformità non escludibili e, ad esempio, opinioni e interpretazioni o sviluppo di metodi invece sì?
Accredia chiarisce ulteriormente che “il laboratorio deve riesaminare di volta in volta con il cliente, se sussistono le capacità e le risorse per soddisfare i requisiti richiesti dallo stesso, ivi compresa la richiesta di dichiarazione di conformità”, il tutto “nel rispetto della libertà del laboratorio di decidere se fornire o meno le prestazioni richieste dal cliente”. In pratica: non posso escludere sempre ma posso escludere ogni volta (se ad esempio “a priori” non sono attrezzato per valutare la conformità, non avendo un esperto di normativa cogente a disposizione, oppure se valuto troppo rischioso fornire la dichiarazione, per il prezzo pagato per essa). Strana logica, questa.
Dopo averci fatto presente che anche il documento DT 07 DT imporrebbe l’obbligo in questione anche ai laboratori di taratura (tralasciando il fatto che il suddetto documento è una LINEA GUIDA e non costituisce alcun obbligo per i centri di taratura, in generale), Accredia conclude, similmente ad EA, con un’autoassoluzione a priori del proprio operato, facendo presente che il documento RT 08 è stato condiviso con le “parti interessate” prima dell’emissione. Sarà: chissà quanti tra voi laboratori – parti certamente interessate – hanno ricevuto una copia del documento prima dell’emissione e sono stati invitati ad esporre le proprie considerazioni?
Probabilmente si pensa che l’accorgimento della condivisione preliminare possa prevenire completamente ogni possibile errore. Probabilmente anche gli autori del documento ILAC G8:09/2019 avranno avuto un’idea simile e lo avranno fatto circolare, errore incluso, prima di pubblicarlo definitivamente.
Ministeri
Ad oggi nessuna risposta è stata ricevuta dal Ministero della Salute mentre siamo stati messi in copia per l’inoltro alla “Direzione competente” da parte della segreteria del Ministero dello Sviluppo economico.
Restiamo in fiduciosa attesa e promettiamo di informarVi sugli eventuali ulteriori sviluppi.
Sono benvenuti i commenti e il dibattito sotto questo articolo.
Massimo Tarditi
Leonardo de Ruvo
12 maggio 2022
Buongiorno Dr. Tarditi, mi congratulo con lei e con il collega ed approvo pienamente quanto ha scritto e la sua ardita e ufficiale presa di posizione, nei confronti delle alte organizzazioni dell’accreditamento. Sicuramente le posso dire che dal 2008 di incoerenze ne ho viste. Comunque riguardo l’attuale problematica, aggiungerei che per un laboratorio prendere una decisione del genere comporta una responsabilità non indifferente che deve tener conto non solo dell’incertezza (poca cosa in fondo se si riducesse solo ad un calcolo matematico), ma anche e soprattutto ad una serie infinita di pressioni economiche e legali sia da parte del cliente che delle autorità, e come al solito se si fa una affermazione e questa fosse scomoda per qualcuno cliente o autorità di controllo che sia, la colpa è del LABORATORIO.
IO non me la voglio prendere questa responsabilità anche se il cliente me la dovesse chiedere. Ho però capito che io piccola non posso fare molto, che dietro questa logica ci sono i grossi laboratori che non sanno più come fare a bruciare i piccoli e che le ASL quindi Ministero della salute non vogliono prendersi la responsabilità di giudicare e di eventualmente chiudere o meno una azienda. Facile far ricadere sul laboratorio che con pochi euro deve dare anche l’anima a discapito della sua serietà e onorabilità. Come si può essere indipendenti quando si è costretti anche a dare giudizi di conformità?! Alla fine bisogna pensare pure alla propria sopravvivenza e in questo caso l’astenersi dal dare giudizi non è concesso.
Rimango a disposizione se avete intenzione di procedere con petizioni o andare avanti anche alla commissione europea, penso tavolo ottimale per queste discussioni per riequilibrare atteggiamenti incoerenti e “lobbistici”.
Buongiorno dottoressa, grazie del commento e degli apprezzamenti. Anche per questi cerchiamo di andare avanti, con il dott. Leonardo de Ruvo, nonostante le ovvie difficoltà.
Lei ha pienamento centrato il punto: rilasciare dichiarazioni di conformità è un grosso impegno e comporta grossi rischi. Non è accettabile l’imposizione (anche se mascherata con acrobazie lessicali, del tipo “non è vietato escluderle totalmente, si possono escludere caso per caso”) calata sui laboratori.
Non sappiamo se questa iniziativa sia stata deliberatamente pensata per sfavorire i piccoli laboratori, potrebbe anche trattarsi di un grossolano fraintendimento del senso, motivazione, contesto relativi alle dichiarazioni di conformità, accompagnato da un arroccamento su posizioni ormai “esposte”, dovuto all’incapacità istituzionale di ammettere i propri errori, fenomeno che i sociologi e le cronache giudiziarie ci insegnano ad osservare all’interno delle organizzazioni che detengono una qualche forma di potere. Lo scopriremo in base agli sviluppi futuri, forse.
Grazie della disponibilità, La terremo informata sugli sviluppi. Magari si potrebbe far nascere un’associazione che tuteli veramente gli interessi dei (piccoli) laboratori, chiamata APLIAMOLi (Associazione Piccoli Laboratoristi Indipendenti innAMOrati del proprio lavoro e della Libertà). Portare avanti le battaglie ha sempre un costo, sostenibile, a volte, se si è in tanti a sostenerlo.