STIMA DEL LOD50 PER LE ANALISI MICROBIOLOGICHE SUGLI ALIMENTI? ANCHE NO

Esistono numerose perversioni, legittime o illegittime, accettabili o inaccettabili.

Per quanto si possa essere di ampie vedute, alcune sono decisamente inaccettabili o socialmente deprecabili: una di queste consiste nella pretesa di alcuni soggetti di costringere i singoli laboratori alla determinazione del LOD50 stimato (eLOD50), nel caso di utilizzo di metodi normalizzati (es. UNI, ISO, ecc.) per analisi microbiologiche di alimenti.

Esattamente cos’è eLOD50?

Occorre fare un passo indietro e recuperare la definizione di LOD50, di cui al punto 2.35 della EN ISO 16140-1:2016:

LODx: Concentrazione misurata dell’analita, ottenuta mediante una procedura di misurazione, per la quale la probabilità di rilevazione è pari a x

LOD50 è quindi il livello per il quale la probabilità di rilevazione dell’analita è pari al 50% (il 50% dei campioni fornisce un risultato positivo).

In base a ciò, il LOD50 stimato (o eLOD50) si può definire come il LOD50 determinato in base al progetto sperimentale descritto nella ISO 16140-3 per il singolo laboratorio (punto 3.5 della UNI EN ISO 16140-3:2021).

Sempre la stessa 16140-3 specifica che una determinazione accurata del LOD50 non è possibile poiché il numero dei campioni è piccolo rispetto al numero dei campioni richiesto dalla ISO 16140-4. Pertanto, nel presente documento (la 16140-3) è utilizzato il termine LOD50 stimato (eLOD50).

Fornita la definizione e chiarito il primo aspetto, passiamo agli aspetti di reale interesse, ovvero:

I LABORATORI CHE EFFETTUANO ANALISI MICROBIOLOGICA DI ALIMENTI SONO TENUTI A DETERMINARE eLOD50 SECONDO QUANTO PREVISTO DALLA UNI EN ISO 16140-3:2021 PER LA VERIFICA DEL METODO?

RISPOSTA BREVE: NO

SE INVECE VOLETE LA RISPOSTA LUNGA E ARTICOLATA, CONTINUATE A LEGGERE. C’è un testo che non si sa mai, potrebbe servirvi per una riserva non ipotetitca.

Al fine di rendere la lettura più scorrevole, abbiamo ipotizzato un rilievo da parte dell’ente unico proprio sul calcolo di eLOD50 per la determinazione di Salmonella spp secondo la UNI EN ISO 6579-1:2020 (trattasi quindi di un metodo normalizzato qualitativo).

L’ipotetico laboratorio, nel caso specifico, ha verificato il metodo contaminando la matrice ad un solo livello di concentrazione (abbastanza basso, ma non troppo, al fine di non avere problemi nella gestione dell’inoculo) e ha determinato il tasso di positivi, negativi, falsi positivi e falsi negativi (in sostanza sensibilità e specificità in maniera molto simile a quanto suggerito dalla ISO 13843:2017 al punto 6.2, utile GUIDA, si badi bene, per la verifica dei metodi microbiologici sulle acque potabili).

L’ispettore (ipotetico o ipotetica anche lui/lei), con piglio da burocrate, ha rilevato che l’approccio non era adeguato e ha formulato osservazione sul mancato calcolo del LOD50, richiamando esplicitamente  l’obbligo di applicare la ISO 16140-3 e ribadendo che la stessa ISO 6570-1:2020, al punto 11, richiede la verifica del beneamato LOD50.

Spacciando fra l’altro l’osservazione come uno spunto di miglioramento, perché si sa, è tutto valore aggiunto. (Che gioia, il miglioramento, spesso proposto da gente che ha dimenticato come si lavora).

Com’è noto, la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio. O non è nemmeno mai riuscita a darlo.

Il laboratorio ha quindi ipoteticamente deciso di opporsi alla decisione dell’ispettore e, anziché fare come fanno molti carte false oppure cimentarsi in una sperimentazione complessa e dispendiosa, ha ipoteticamente presentato la DOVEROSA RISERVA, così formulata:
Seppur il LOD50 venga citato tra le caratteristiche di performance del metodo, ad oggi non sussistono obblighi per i laboratori di prova riguardo la stima di questo parametro, senza contare che l’annex C della UNI EN ISO 6579-1:2020, dove sono riportate le caratteristiche prestazionali, è caratterizzato dalla dicitura ‘informative’, quindi assolutamente non vincolante come anche ribadito dalla UNI CEI EN 45020:2007 al punto 8.2. La stessa norma UNI EN ISO 16140-3:2021, citata nel testo del rilievo, non è prescrittiva in quanto:
– non è inserita nell’elenco dei documenti obbligatori per i laboratori (Accredia LS-04 in vigore);
– non è indicata come prescrittiva dallo stesso metodo UNI EN ISO 6579-1:2020 (punto 2, riferimenti normativi).
A ciò si aggiunge che la UNI EN ISO 16140-3:2021 non costituisce obbligo anche in ragione di quanto formulato dalla stessa ISO nel documento “Transition period for the implementation of ISO 16140-3” del 19.01.2021, che al paragrafo 3 così si esprime:
“Validated (reference or alternative) methods accredited under the scope of laboratory application, for which a verification had already been conducted before the publication of ISO 16140-3, do not need to be re-verified in accordance with the principles of ISO 16140-3 upon publication of this International Standard.”
Tale asserzione permette di comprendere come l’International Organization for Standardization reputi sufficiente quanto implementato dai laboratori accreditati in merito alla verifica dei metodi microbiologici sugli alimenti, nel caso specifico sensibilità e specificità (tra l’altro non previste dalla 16140-3 per motivi tecnicamente incomprensibili).
Occorre anche notare che ad oggi non esistono prescrizioni specifiche riguardo la verifica di tutte le caratteristiche prestazionali pubblicate dai metodi normalizzati, e le stesse guide pertinenti (es. ISO 13843:2017 per le acque e UNI EN ISO 16140-3 per gli alimenti) prevedono la verifica di quota parte delle caratteristiche di performance.
Sarebbe inoltre anomalo che Accredia utilizzasse un diverso approccio per quanto riguarda l’obbligatorietà delle norme, in base a quanto dichiarato nell’incontro con i laboratori del 2021 e del 2022, in cui è stata prevista una sorta di deroga riguardo l’adozione della ISO 16140-3:2021 per quanto concerne le analisi microbiologiche su alimenti.
Oltre al fatto che durante l’incontro del 2022 sono state sollevate numerose perplessità tecniche in merito all’implementazione della sperimentazione secondo la ISO 16140-3.

Si ricorda infine che il laboratorio ha valutato il rischio associato alla scelta delle caratteristiche prestazionali da verificare per i metodi in accreditamento, in ragione del tipo di prova e matrici analizzate.
Non sussistendo quindi le condizioni secondo cui il laboratorio deve documentare un approccio al LOD50, si ritiene infondato il rilievo”.

Il laboratorio ha ritenuto doveroso opporsi anche per altre ragioni, non espresse nella riserva:

  1. La palese infondatezza del rilievo (come facilmente desumibile dagli elementi inseriti nella riserva) e l’atteggiamento dell’ispettore (ipotetico, ricordiamolo).
  2. La complessità della sperimentazione, che prevederebbe l’utilizzo di inoculi a basse concentrazioni, che possono essere di difficile gestione.
  3. il fatto che la mancata rilevazione dell’analita può non essere imputabile ad una defezione tecnica del laboratorio (trattandosi di microrganismi, questi possono essere in diverso stato fisiologico, possono variare la loro concentrazione, possono non uscire dalla fase lag, la cui uscita è anche correlata al livello dell’inoculo: inoculi più alti hanno maggiori probabilità di uscita dalla fase di latenza, ecc.).
  4. Il possibile rischio derivante dalla sperimentazione, sia per l’esposizione degli operatori che per la possibile contaminazione dell’ambiente di laboratorio.
  5. La scarsa validità attribuibile agli esiti della della sperimentazione, dato che il valore di eLOD50, oltre a non essere accurato (come esplicitamente dichiarato nella norma), viene considerato comunque valido purchè rientri nel valore target di quattro volte il LOD50 del metodo di analisi, riportato nei dati di validazione pubblicati.
A volte lo dimentichiamo, ma quello che conta realmente è agire in scienza e coscienza.
E da piccoli facevamo il tifo per gli indiani che, anche nella riserva, a volte vincevano.