Conseguenze pratiche dell’applicazione della ISO 16140-3:2021 alla verifica prestazionale da parte dei laboratori accreditati che effettuano analisi microbiologica di alimenti
1 Quale norma si applica per la verifica prestazionale dei metodi in microbiologia alimentare?
La norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2018 prevede al punto 7.2.1.5 che “il laboratorio deve verificare di eseguire correttamente i metodi prima di metterli in opera, assicurando di poter conseguire le prestazioni richieste”. Il documento Accredia RT 08 rev. 4 integra questa prescrizione stabilendo che “qualora le caratteristiche prestazionali dei metodi non siano state definite, il laboratorio deve determinarle”. Lo stesso documento RT 08 rimanda al documento Accredia LS 04 (elenco dei documenti di riferimento) che, al punto 1 (introduzione), stabilisce che l’elenco “contiene una serie di norme e altri documenti di riferimento, emessi da Accredia …, ai cui requisiti un [laboratorio] interessato all’accreditamento o al mantenimento dell’accreditamento si deve conformare”. Il documento LS 04, nell’edizione attualmente vigente, indica la norma ISO 7218 (Microbiologia di alimenti e mangimi per animali – Requisiti generali e guida per le analisi microbiologiche) e s.m.i. come riferimento per i laboratori microbiologici. Per quanto riguarda gli aspetti relativi alle verifiche prestazionali la ISO 7218 non riporta prescrizioni dettagliate ma indica che la questione “è in corso di approfondimento da parte della commissione ISO/TC 34/SC 9”. Essa riporta inoltre il riferimento alle norme serie ISO 16140 specificando che esse “sono indispensabili per l’applicazione del documento [ISO 7218]” e che “per riferimenti a documenti non datati, l’ultima edizione del documento citato e ogni successivo emendamento devono essere applicati”. Ne discende che, salvo diverse possibili (interessanti!) interpretazioni, i laboratori di microbiologia alimentare accreditati devono implementare la norma ISO 16140-3:2021, di recente pubblicazione.
2 “Scompaiono” le verifiche di specificità e sensibilità per i metodi qualitativi
La norma ISO 16140-3:2021 indica chiaramente quali sono le attività di verifica prestazionale richieste per i metodi qualitativi: si deve stimare il LOD 50 (oppure effettuare prove ripetute a concentrazione minima di 3-5 ufc nell’aliquota di saggio). Non è previsto alcun requisito relativo alla verifica di falsi positivi e falsi negativi. Del resto sarebbe (è sempre stato) poco significativo e poco sensato allestire una manciata di prove su campioni sterili, arricchiti di ceppi e non, per ottenere qualche informazione statisticamente sensata su questo aspetto. Puro adempimento burocratico, privo di qualsivoglia valore aggiunto.
3 “Scompare” la verifica di ripetibilità per i metodi quantitativi
In nessun punto della norma ISO 16140-3:2021 che, ricordiamolo, rappresenta il riferimento certo per la verifica prestazionale nei laboratori di microbiologia alimentare, si menzionano le attività “classiche” di verifica di ripetibilità, menzionate dai documenti tecnici Accredia (i “vecchi” DT SINAL), proprie dei metodi chimici e malamente “forzate” sui metodi microbiologici da decenni a questa parte (la deviazione standard sui risultati di dieci ripetizioni su un campione). Nessun punto del documento Accredia RT 08 rev. 4 prescrive “prove di ripetibilità” (come detto, il punto 7.2.1.5 del documento richiede genericamente “prove prestazionali”). Ne dovrebbe conseguire che non dovrebbero più pervenire ai laboratori richieste da parte degli ispettori tecnici, ormai anacronistiche e tecnicamente infondate, di eseguire le suddette prove di ripetibilità. La strada indicata dal comitato ISO/TC 34/SC 9 per quanto riguarda le verifiche prestazionali in microbiologia alimentare è ormai chiara: ci si basa sulla riproducibilità intralaboratorio e sul bias, per valutare le prestazioni dei metodi di microbiologia alimentare. Vedremo quanto tempo impiegherà la “macchina Accredia” ad adeguarsi a questa nuova impostazione, ormai scritta nero su bianco nella ISO 16140-3:2021. Interessante anche vedere se la classica “verifica di ripetibilità” (prova in doppio), la cui esecuzione è richiesta durante le visite Accredia, si evolverà per i laboratori di microbiologia alimentare in una più appropriata e conforme alle direttive ISO “verifica di riproducibilità intralaboratorio”. Restiamo ad osservare in riva al fiume…
4 Non bastano più i circuiti interlaboratorio per verificare l’accuratezza in fase di messa a punto dei metodi
Questa è la notizia cattiva. La norma ISO 16140-3:2021 prevede che i laboratori allestiscano studi sperimentali finalizzati alla stima del bias, contaminando artificialmente campioni in più repliche e misurando la differenza tra l’aggiunta effettiva e la contaminazione misurata.
5 “Due piccioni con una fava”: la verifica prestazionale, basata sulla riproducibilità intralaboratorio, e la stima dell’incertezza “tecnica”, secondo ISO 19036, sono realizzabili con un unico studio sperimentale
E questa è la buona notizia… anche se la norma prevede qualche più specifico dettaglio tecnico su come impostare le attività, dettagli che magari potrebbero costringere i laboratori a integrare gli studi già condotti.
In sostanza è possibile riuscire a
- Verificare la prestazione del metodo dal punto di vista della precisione
- Stimare l’incertezza
- “Qualificare” il personale
- Assicurare la qualità del dato analitico
con un unico studio sperimentale, ripetuto su alcuni tipi di campione, per ciascun metodo.
6 Che fare?
Come sempre, a fronte di cambiamenti normativi, il lavoro da fare è ingente. Ci sono da mettere in conto decine di analisi da eseguire su campioni che non si possono poi fatturare ma che consumano materiale, tempo, pazienza. Per non rischiare di sbagliare e sprecare il percorso è il solito:
- Lo studio attento della nuova norma;
- Definire le strategie: cosa ci interessa veramente? Su quali matrici e prodotti ci interessa operare (e mantenere l’accreditamento)? Un piano di cambiamento che consideri tutti gli effetti positivi e negativi e gli impatti sulle attività (questa è la vera analisi del rischio, non quella basata sullo sciocco 3×2 fatto di tabelle colorate) e che stabilisca i tempi di adeguamento e le priorità, assegnando i compiti e individuando le risorse necessarie;
- La progressiva esecuzione delle attività, con la registrazione accurata di ogni elemento significativo (per dire: non il numero di lotto e la scadenza delle piastre petri monouso e dei terreni pronti ma il procedimento di preparazione dei materiali, delle diluizioni, gli intoppi verificatisi e quant’altro in laboratorio da decenni sappiamo essere “importante” per la riuscita del nostro lavoro);
- Ah, non “tutto in una volta”; sbagliando s’impara e come sempre è meglio sbagliare su poco che su molto; una volta “fatto bene” si può riprodurre il modello su scala estesa.
Per chi volesse approfondire, ho organizzato un corso specifico, disponibile online, sul tema “ISO 16140-3”, con anche elementi sulla ISO 13843:2017 (che analogamente specifica le modalità per la verifica prestazionale sulle acque). Qui ogni dettaglio. Qui il link per l’iscrizione, Se poi, giustamente, dite “preferisco dedicarmi alle attività produttive e non ho molto tempo per la lettura della norma (in inglese!)” sono a disposizione per una consulenza personalizzata. Ho cercato di “distillare” gli elementi principali per metterli a disposizione dei laboratori, come sempre nel modo meno pesante, “semplificatamente”. Chiedete!
Per questioni di interesse generale la discussione è aperta, qua sotto.
Buongiorno. Sicuramente sarò presente al corso di settembre, ma intanto sto provando a leggere e capire la 16140-3. Per ora un dubbio: per le prove già accreditate, come agire? Iniziare con una Norma alla volta ad eseguire le prove di verifica richieste (e nel frattempo continuare in parallelo con le “vecchie prove di verifica di ripetibilità” con le altre)? O resettare tutto e rifarsi da zero?
Ciao Tiziana, grazie per l’interesse. Per le verifiche prestazionali fatte in passato direi di fare intanto il punto nel riesame di direzione. Si potrebbe dire che la verifica è stata fatta inizialmente, con le vecchie norme e i vecchi approcci, e che ormai non si può più mettere in dubbio la capacità operativa del laboratorio (se ho una vecchia 500 immatricolata nel 1971 – cosa vera – non è che se esce una nuova regola sulle modalità di immatricolazione la riporto alla motorizzazione…). Vero anche che di fatto l’aggiornamento della stima dell’incertezza secondo ISO 19036, opprtunamente “servita”, di fatto E’ LA VERIFICA PRESTAZIONALE secondo ISO16140-3. Oggi intanto ho visto il primo rilievo sul mancato aggiornamento alla ISO 16140-3:2021 (un laboratorio che non seguo), fatto però dalx sistemista, e senza particolari risvolti sul piano tecnico (xl tecnicx pare non si sia accortx della cosa…). Stiamo a vedere come si evolve la faccenda nei pressi di via Saliceto e nei laboratori… Ci si vede al corso!
Concordo in pieno. Intanto inizierò a lavorare sulle procedure, faccio decantare e vedrò che tempi darmi. Buone ferie, ci vediamo al corso.
La ISO 16140-3 va applicata anche per es se volessi rivalidare il metodo colilert MPN su acque potabili?
grazie
Buongiorno, dovrebbe chiarire meglio il contesto. Il metodo comunque è già validato e pubblicato come norma.
Buongiorno,
ho seguito il suo corso e adesso stavo rivedendo il foglio di calcolo del LOD50 da Lei rilasciato…mi è venuto un dubbio.
-Nella sezione “scegliere il dil in base al LOD” inserisco il LOD riportato dal metodo es. 5,7 ; devo scegliere le diluizioni appropriate, a partire da 9 x LOD 50 o devo scegliere almeno quella più vicina al LOD 50, evidenziata in giallo, e le due sopra?
-Nella sezione “LOD50 prot. 1” dove prendo l’inoculo al primo livello? E cosa si intende per inoculo al primo livello misurato o da certificato?
La ringrazio anticipatamente
Cordiali saluti
buongiorno dottoressa
nel caso esemplificato, LOD pubblicato = 5,7, se l’inoculo è paria a 600.000.000 ufc/mL, deve seminare al massimo 9 volte il LOD 50, quindi al massimo 9×5,7=51 colonie
Ma, come risulta in questo caso, si avrebbero 60 colonie/mL su -7 e 6 su -8. La -7 sarebbe quindi da escludere, a rigore. IL foglio “ragiona” così.
Quindi si partirebbe dalla -8, diluita poi 1:3 due volte.
Col buon senso io però partirei dalla -7 (60 = circa 9 volte 5,7) e seminerei la -7 e due diluizioni ternarie successive.
L’inoculo al primo livello, misurato è quello risultante dal conteggio sull’inoculo. Quello certificato è quello del materiale di riferimento titolato.
Buongiorno,
avrei una domanda. Se decido di utilizzare il protocollo 3 della norma e rientrare nei limiti di accettabilità anche se effettivamente come risultato non ho un vero LOD50 può andare bene lo stesso per gli ispettori?
buongiorno dottore
è stato confermato che l’approccio è corretto, anche in occasione degli incontri Accredia/laboratori/ispettori di settembre 2022
Grazie mille per l’informazione.
Quindi alla fine mi basterà fare un rapportino in cui descrivo l’esperimento effettuato e indico che è conforme con i criteri di accettabilità della norma?
Un’ultima domanda se possibile, vorremo applicare questo protocollo 3 per calcolare il LOD50 della prova di salmonella negli alimenti. Il punto è che per quel che riguarda la preparazione delle diluizioni da poi utilizzare nelle porzioni di prova, ci domandavamo se il numero di colonie da raggiungere (3/5 cfu) bisognava raggiungerlo prima di inseminarli nella matrice opportuna o guardare dopo la fase di pre arricchimento in acqua peptonata
buongiorno, è tutto spiegato in dettaglio nel corso sulla ISO 16140-3
in linea di massima, sì
ovviamente sono da valutare i dettagli nell’ambito dell’impostazione del Vostro sistema di gestione qualità
Salve
per la verifica prestazionale dei metodi per i cosmetici occorre seguire la ISO 16140-3 o ci sono altre norme?
Grazie
Saluti
Andrea
Buongiorno
La norma non è specifica per i cosmetici, anzi, non li prevede nemmeno nel proprio campo di applicazione. La si può usare, comunque, in mancanza di altre indicazioni, chiarendo nei documenti di sistema la ragione della scelta.