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Come è noto, dal prossimo 27 marzo, trascorsi i 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. 27/2021, sarà abrogata in toto la Legge 283/62, incluso quell’articolo 5 che ha inquadrato dal punto di vista del Diritto penale, per quasi 60 anni, varie condotte, in particolare quelle relative alla detenzione e vendita di alimenti alterati, in cattivo stato di conservazione, insudiciati, invasi da parassiti, contaminati o non regolamentari sotto altri profili.

Ci si chiede quindi, nelle more della promulgazione del nuovo decreto che allineerà il sistema sanzionatorio al nuovo quadro normativo definito dal Reg. UE 625/2017, se e come le summenzionate condotte possono attualmente essere punibili. (Viene anche da chiedersi perché si sono attesi quattro anni dalla promulgazione del regolamento europeo per allestire un dispositivo di legge la cui necessità e urgenza erano più che evidenti dal principio, ma questa è un’altra storia.)

Aggiungiamo che, alla lettura delle bozze circolanti del nuovo ed atteso provvedimento, nulla di buono si può presagire: dovremo studiare e tentare di applicare al meglio l’ennesima, solita accozzaglia raffazzonata, confusa e incoerente di minuziosi provvedimenti pesati col bilancino (starato), come per ciò che riguarda etichettatura e presentazione, nel rimpianto dei Padri costituenti che le leggi riuscivano a scriverle in modo chiaro per chiunque e sintetico al punto giusto?

Vediamo comunque qual è il quadro normativo attuale:

  • Vige il D.Lgs. 193/2007 che, all’art. 6, punti 4 e 5, rispettivamente per la produzione primaria e per gli altri settori produttivi e della distribuzione, con riferimento all’allegato II del Reg. UE 852/2004 e al Reg. UE 853/2004, definisce le sanzioni applicabili per violazioni dei requisiti generali in materia di igiene e di quelli specifici per i diversi settori produttivi, sanzioni applicabili “Salvo che il fatto costituisca reato” e applicabili dopo la prescrizione di adeguamento prevista dal comma 7 dello stesso articolo, in caso di mancato adeguamento. La prescrizione di adeguamento non è prevista nel caso di mancata applicazione dei “sistemi e procedure” di controllo, come indicato al comma 8.
  • Vige il Codice penale, in particolare il Titolo VI “Dei delitti contro l’incolumità pubblica”, Capo II “Dei delitti di comune pericolo mediante frode”, che inquadra i reati di “Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari” (art. 439), “Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari” (art. 440), “Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate” (art. 442), “Commercio di sostanze alimentari nocive” (art. 444). Questi articoli del Codice penale prevedono la pena della reclusione e multa, associate ai reati di natura dolosa. L’art. 452, collocato nel Capo III “Dei delitti colposi di comune pericolo”, prevede che tali reati possano essere commessi anche per colpa.
  • Il Reg. UE 852/2004 include molte prescrizioni in vario modo riconducibili alla precedente disciplina della Legge 283/62 quali, ad esempio (sono riportati i riferimenti ai punti dell’allegato II del regolamento):
    • Obbligo di impedire l’accumulo di sporcizia, il contatto con materiali tossici, la penetrazione di particelle negli alimenti (capitolo I, punto 2, lettera b);
    • Obbligo di protezione contro la contaminazione (capitolo I, punto 2, lettera c);
    • proteggere i prodotti alimentari da fonti di contaminazione durante il trasporto (capitolo IV, punto 1);
    • Obbligo di separare in maniera efficace i vari prodotti durante il trasporto (capitolo IV, punto 3), mantenerli collocati e protetti in modo da rendere minimo il rischio di contaminazione (capitolo IV, punto 6) e in condizioni adeguate di temperatura (capitolo IV, punto 7);
    • Divieto di accettare materie prime o ingredienti o qualsiasi materiale utilizzato nella trasformazione dei prodotti, se risultano contaminati (capitolo IX, punto 1);
    • Obbligo di conservare le materie prime e tutti gli ingredienti immagazzinati in un’impresa alimentare in modo da evitare un deterioramento nocivo e la contaminazione (capitolo IX, punto 2);
    • Obbligo di protezione degli alimenti da qualsiasi forma di contaminazione atta a renderli inadatti al consumo umano, nocivi per la salute o contaminati in modo tale da non poter essere ragionevolmente consumati (capitolo IX, punto 3);
    • Divieto di conservare materie prime, ingredienti, prodotti intermedi e finiti a temperature che potrebbero comportare rischi per la salute e obbligo di non interrompere la catena del freddo se non per periodi limitati, qualora ciò sia necessario per motivi di praticità (capitolo IX, punto 5);
    • Obbligo di raffreddare il più rapidamente possibile i prodotti alimentari, al termine del trattamento termico o dell’ultima fase di preparazione, se non è applicato un trattamento termico, ad una temperatura che non provochi rischi per la salute (capitolo IX, punto 6);
    • Obbligo di effettuare lo scongelamento dei prodotti alimentari in modo tale da ridurre al minimo il rischio di proliferazione di microrganismi patogeni o la formazione di tossine, a temperature che non comportino rischi per la salute (capitolo IX, punto 7).

Ne deriva quindi che, in caso si riscontri la presenza di alimenti contaminati, mal conservati, anche “insudiciati”, si debba attualmente applicare il D.Lgs. 193/2007 ovvero, nel caso si identifichino situazioni di concreto pericolo per la salute pubblica, il Codice penale.

Resta da comprendere, e stabilire, come debbano essere interpretati ed applicati i punti 4, 5, 7 e 8 dell’art. 6 del D.Lgs. 193/2007, oggettivamente scritti in maniera ambigua e confusa, per quanto riguarda l’immediata irrogabilità delle sanzioni ovvero la previsione di prescrizione di adeguamento e le sanzioni applicabili in caso di mancato adeguamento. Sanzione amministrativa immediata oppure prescrizione e sanzione solo in caso di mancato adeguamento nel “congruo termine”. E poi, quale dovrebbe essere il “congruo termine”? Può essere ritenuto “congruo”, per determinati casi, un termine ad horas?

È poi evidente che l’attuale impianto sanzionatorio non appare rispondente a criteri di proporzionalità: la “forbice” tra il minimo e il massimo delle sanzioni amministrative previste va da 250 a 6.000 euro. Una sanzione anche pari al massimo può non essere dissuasiva per chi attui pratiche di conservazione scorrette ma tali da non rendere i propri prodotti pericolosi, in luogo di quelle, assai più costose, rispondenti ai criteri della buona prassi igienica.

Restiamo ora in attesa del decreto-sanzioni allineato alle norme europee.

Una cosa è certa, però: sarà difficile ora denunciare gli operatori del settore alimentare per “brina sui prodotti surgelati”, ortofrutticoli sui banchi esterni, o per termini minimi di conservazione non rispettati, in cerca della foto col dito puntato!

Signa, 13 marzo 2021

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